Niente costumi storici ma tute mimetiche. E alla fine i protagonisti sulla scena si concedono un selfie
19 ottobre 2019
Non volevano andare via e hanno continuato a battere le mani per quasi un quarto d’ora gli spettatori che ieri sera hanno preso posto al Teatro alla Scala. Così hanno premiato la prima di “Giulio Cesare in Egitto” di Georg Friedrich Haendel, con la direzione di Giovanni Antonini e la regia di Robert Carsen. In primo piano Giulio Cesare e Cleopatra ai tempi della Roma antica. L’opera è stata allestita in chiave moderna e attuale da Carsen che ha fatto sparire corazze e mantelli, lance e gladii, cavalli e carri, trasportando l’impresa del condottiero romano e della mitica regina egizia ai tempi nostri: sono comparse divise americane e caftani arabi con le kefiah, oltre alle mimetiche da deserto, mitra, jeep e auto nere. Gli unici riferimenti all’antico Egitto sono stati i bassorilievi delle mura del palazzo di Tolomeo e gli abiti, l’acconciatura e il grande sex appeal di un’applauditissima Cleopatra (Danielle De Niese) che si è anche spogliata in scena, sebbene protetta da un telo bianco sorretto dalle sue ancelle.
Ma le invenzioni di Carsen non si sono fermate qui: Cesare, ospite d’onore a palazzo, è stato accompagnato in una sala dove ha assistito a filmati che hanno reso omaggio alle più famose Cleopatra del cinema, da Vivien Leigh a Liz Taylor; ha guidato le delegazioni del suo Paese, come si usa oggi, negli incontri bilaterali con i notabili egiziani ha firmato protocolli. Nella scena conclusiva si è fatto un selfie con Cleopatra e altri personaggi nel deserto, con sullo sfondo una grande pipeline gialla mentre addetti in tuta trasportavano barili di petrolio con l’immagine di un cammello a sei zampe.
Acclamati dal pubblico il direttore Antonini, specialista della musica barocca, il coro scaligero diretto da Bruno Casoni e l’intera compagnia di canto che accanto al controtenore Bejun Mehta (Cesare), ha schierato Danielle De Niese (Cleopatra), Philippe Jaroussky (Sesto), Christophe Dumaux (Tolomeo), Sara Mingardo (Cornelia, vedova di Pompeo) e Christian Senn (Achilla), assieme a Renato Dolcini (Curio) e Luigi Schifano (Nireno). Come per Tamerlano (altra opera di Haendel, alla Scala nel 2017) le parti scritte per voci di castrato (Cesare, Tolomeo e Nireno) sono state affidate a controtenori.
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